Mancano tre giorni al nostro rientro in Italia e ancora non riesco a realizzare di dover lasciare questo paese. Fare il bilancio finale di questa esperienza è davvero complicato, mi ricorda quella sensazione che generalmente provo quando il 31 dicembre tiro le somme di quanto vissuto nei 365 giorni precedenti.

Svegliarsi la mattina senza i consueti saluti al vicinato (“Salaam, labass? Bkhair? Msien? Kulshi msien, ça va? Hamdulillah!”), andare in ufficio dai colleghi italiani e marocchini, fare pausa caffè con la signora Layla all’ottavo piano, mangiare con i nostri amici rfissa il mercoledì e couscous il venerdì, tornare a casa dopo il lavoro ed esercitarmi con Giona [compagno di SCU, ndr] a suonare (malissimo) l’ukulele e interrompere soltanto al richiamo alla preghiera del mueddhin (adhan) al tramonto mi mancherà in un modo che proprio non potrei mettere nero su bianco.

io gio nicki e giogioHo conosciuto tante persone, ho osservato tutto quello che mi circondava cercando di restare libera da giudizi, ho imparato espressioni arabe che ho talmente interiorizzato da non poterne più fare a meno. "Mashi mushkil", nessun problema. È questa la prima frase che ho sentito da Adil quando è venuto a prenderci in aeroporto il 13 luglio scorso. Me l'ha detto in arabo e poi in francese. Contestualmente, si stava semplicemente offrendo di portare la mia valigia. Durante quest’anno ho invece capito che forse prendo tutto troppo sul serio e che davvero non c'è da preoccuparsi.

Quel che è venuto dopo è stato un susseguirsi di emozioni di gioia, tristezza, abbattimento, tenacia, consapevolezza e spaesamento. Insomma, quello che capita - penso - nella vita di ognuno di noi non soltanto in un anno, ma addirittura nell'arco di una settimana (per me che sono lunatica anche in una stessa giornata, Giona lo sa bene).

Forse bisognerebbe uscire fuori dallo schema per cui alla fine di un'esperienza ci si porta “qualcosa” a casa. Si tratta piuttosto di vivere e lasciare semplicemente che le cose, belle e brutte, accadano. Il Marocco non è stato una scoperta, il Marocco (con i suoi paesaggi, i suoi problemi, la sua musica e le sue cicogne) c'è sempre stato. Io semplicemente sono passata di lì, provando a fare meno rumore possibile, provando solo ad ascoltare. Ci sono state cose che mi sono piaciute e altre meno, ma tutte hanno ispirato in me un pensiero più profondo, una riflessione più consapevole ed una nuova visione.

Forse ciò che porterò con me sarà la capacità di guardare le cose da una prospettiva diversa, cercando di non essere avventata nei giudizi e nelle opinioni.

Mancano solo tre giorni prima del rientro in Italia per la fine del Servizio Civile: nessun problema, farò di tutto per tornare, inshallah.

Giulia Romano, Casco Bianco SCU con OVCI in Marocco

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