Fare un’esperienza come Servizio Civilista la immaginavo da un po’ di tempo ormai, esattamente da quando ci è stato presentato OVCI al primo anno di Università. Ricordo ancora lo stupore, la curiosità nel guardare le attività svolte nei diversi Paesi, il desiderio di essere in quelle foto. Finiti gli studi continuai a pensarci, nel mentre però si erano unite incertezze e preoccupazioni. Soltanto leggendo il progetto in Ecuador, l’entusiasmo sembrò dar loro meno importanza, alleggerirle. Inviai la domanda la sera stessa.
La risposta “idonea selezionata” si fece attendere. Ma da quel momento il tempo sembrò volare. Conobbi le mie compagne di avventura e subito, prese dall’euforia, cominciammo a fantasticare su quell’esperienza che tanto desideravamo. Ed ecco che a pochi giorni dalla partenza, con le valigie quasi pronte, veniamo travolte dalla notizia: “Esmeraldas non è sicura, il progetto, per quest’anno, verrà chiuso!” In fondo sapevamo sarebbe potuto accadere, ma non si è mai pronti a sentire certe parole. Sentii una fitta arrivare dritta al cuore. Lo sconforto ebbe la meglio.
Quasi subito, però, arrivò la proposta di inserimento in un nuovo progetto, destinazione: Khartoum, Sudan. Ardua scelta, soprattutto per una persona molto riflessiva. Ammetto che la mia famiglia e gli amici non sembravano essere sereni, al contrario li vedevo molto preoccupati. Certo, mettersi in gioco richiede coraggio ma rimettersi nuovamente in gioco richiede anche un po’ di follia. Seguii il mio istinto.
Con l’avvicinarsi della partenza dubbi, timori e preoccupazioni si alternavano a momenti di euforia e trepidazione.
Finalmente ci siamo, metto i piedi sulla terra rossa per la prima volta. Mi aspettavo molto più caldo, a dire il vero!
I miei occhi vengo subito incantati dal caldo colore della terra, dal beige della polvere che ricopre ogni cosa, dai mille colori delle vesti tradizionali delle donne e dal bianco delle macchine, delle vesti che indossano gli uomini e del sorriso di ognuno di loro. L’odore forte del fumo e il profumo delle spezie. Ecco che subito riecheggia dagli altoparlanti delle moschee il canto del muezzin per scandire l’ora della preghiera.
L’impatto in generale è stato abbastanza forte, ma avevo il supporto del team OVCI, sia italiano che locale. Sempre premurosi, disponibili nel guidarmi alla scoperta, nel consigliarmi, anche le cose più banali, nel rendere questa nuova esperienza sin da subito unica.
In queste settimane ho avuto modo di vivere il centro di Arda, e grazie ai terapisti, ai bambini e ai loro genitori, allo staff amministrativo e alle signore delle pulizie ne ho capito le dinamiche, ma soprattutto ne ho percepito la passione, l’entusiasmo e in un certo senso anche l’orgoglio.
Sono molte le occasioni per scambiare due parole, uno sguardo, un sorriso. Una cosa così spontanea e semplice, ma quelle endorfine sono in grado di darti l’energia e la motivazione di affrontare ogni cosa, ti fanno stare bene.
Il tempo sembra scorrere più lentamente, in realtà c’è meno fretta, più serenità. A fine giornata, guardando le stelle dal nostro terrazzo, sono tante le cose su cui riflettere, le emozioni a cui ripensare, le cose nuove imparate, ma la testa è già proiettata sul domani.
Un po’ mi manca aprire la finestra della camera al mattino e vedere le mie tanto amate montagne, però devo dire che scendere le scale e vedere tutte quelle persone con il sorriso mi mette un sacco di allegria!
Contenta di aver seguito il mio istinto!
Martina Marsonet, Casco Bianco SCU con OVCI in Sudan