La situazione attuale del Sudan non sembra migliorare a distanza di più di un anno dallo scoppio delle ostilità nella capitale Khartoum e dal riaccendersi della brutale violenza anche su base etnica nelle regioni occidentali del Darfur.
La stampa nazionale e internazionale ha riportato solo marginalmente i brutali fatti che hanno travolto nell’ultimo anno anche altre città come Wad Madani e la regione di Al Jazeera e White Nile, il Kordofan e negli ultimi giorni la situazione è drammatica nella città di El Fasher.
Al centro di tutto questo sono gli interessi e la sete di potere dei due generali Abdel Fattah al-Burhan, leader dell’esercito regolare Sudanese Armed Forces (SAF) e Mohamed Hamdan Dagalo, meglio conosciuto come Hemedti, il capo del gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF). I due generali erano precedentemente al servizio diretto del Presidente Omar al-Bashir che cadde nell’aprile del 2019 dopo quasi trent’anni di regime militare. Tutto questo fermando definitivamente e drammaticamente il processo di democratizzazione e di transizione verso un governo civile per cui la popolazione sudanese si era a lungo e pacificamente battuta.
PRIMA | ||
L’ultimo report delle Nazioni Unite riporta che circa 8.8 milioni di persone hanno lasciato le loro case da aprile 2023 e di questi la maggior parte (7.1 milioni) è rimasta all’interno del grande paese spostandosi dove la guerra sembra ancora non arrivare mentre molti altri hanno chiesto rifugio/asilo negli stati confinanti (Chad, Egitto, Etiopia, Sud Sudan). È stato stimato un bisogno di aiuto umanitario enorme ma tuttora ancora non è possibile un accesso sicuro in molte aree. Il sistema sanitario nelle zone dove si combatte, come tuttora a Khartoum, è completamente collassato con gli ospedali che hanno perso gran parte del personale che è fuggito e non ricevono i rifornimenti necessari. Nelle aree di accoglienza dei rifugiati la situazione è altrettanto drammatica.
Per ritornare a funzionare gli apparati statali amministrativi si sono spostati nella città di Port Sudan ed è da lì che OVCI ha cercato negli ultimi mesi di riprendere formalmente la propria registrazione nel paese presso il Sudan Humanitarian Aid Commission (organismo che regola l’attività di tutte le organizzazioni umanitarie operanti in Sudan) incaricando formalmente uno dei fidati collaboratori di OVCI che nel frattempo era rimasto a Khartoum, Alsadiq Mohammed Harun, di rappresentare l’organismo in Sudan e di regolarizzare i rapporti con i collaboratori, molti dei quali già fuggiti verso zone più calme.
DOPO | ||
Per il momento le condizioni di sicurezza non permettono purtroppo il rientro in attività dei centri riabilitativi che OVCI aveva costruito ad Omdurman e a Dar el Salam. A riguardo continua il dialogo con l’Ambasciata, che nel frattempo è operativa da Addis Abeba, e l’Agenzia Italiana per la Cooperazione Internazionale nonché le altre associazioni ed organismi internazionali e locali che operavano in Sudan, per mantenere alta l’attenzione al contesto e poter ripartire al più presto possibile.
Speriamo quindi che i vari tavoli di mediazione portino ad un cessate il fuoco e che si delinei una situazione politica sufficientemente stabile affinché si avviino le condizioni per riprendere le attività che OVCI, da più di vent’anni, portava avanti a supporto dei bambini con disabilità e le loro famiglie.
Giulia Dal Cin, Desk Officer Sudan