Sono nella mia stanza, sul mio letto e sto per andare a dormire, ma questa sera ha un sapore diverso, meno di 6 ore fa ero a Meknes in Marocco e mi sembra già di sentirne la mancanza. Eppure non mi sembra vero che siano bastati meno di venti giorni per farmi innamorare del Marocco.
Mi sono innamorata dei bambini dell’orfanotrofio che mi hanno fatta sentire accolta dal primo giorno, mi hanno insegnato a vedere la magia nelle piccole cose, nei palloncini colorati, nei pastelli, nei supermercati, nelle onde dell’oceano, negli abbracci, nella musica, nelle carezze e nel paesaggio che si vede affacciandosi dalla finestra del quinto piano dell’ospedale Mohammed V, un posto dove ho lasciato il cuore. Mi sono innamorata delle persone, di un’accoglienza inimmaginabile, della nurse che mi ha abbracciata per consolarmi l’ultimo giorno quando abbiamo salutato i bimbi, del ragazzo che ci ha sorriso e ringraziato vedendoci coi bimbi, degli artigiani che pur di raccontarti la loro passione per quello che facevano passavano oltre qualsiasi barriera linguistica, del taxista che rideva del nostro stupore nel vedere delle scimmie e dei proprietari dei negozi che ci salutavano al mercato, coi quali ormai avevamo stretto amicizia. Mi sono innamorata dei paesaggi, dei gatti, della Medina, del mercato, dei profumi e dei piatti tipici.
Forse sono troppo fiabesca, intendiamoci, non è stato sempre tutto facile, anzi le difficoltà (tanto pratiche quanto emotive) non sono mancate e hanno accompagnato me e le mie compagne di viaggio dal primo all’ultimo giorno.
Il Marocco era per me una realtà nuova e completamente diversa e mi è spesso capitato di trovarmi ad affrontare delle situazioni che hanno messo alla prova la mia sensibilità emotiva, quindi può capitare che non vada sempre tutto per il verso giusto ed è normale ritrovarsi la sera dopo una lunga giornata a farsi mille domande a cui si fatica a rispondere. Ma il percorso è fatto anche di questo, e ringrazio il fatto di aver avuto delle ottime compagne viaggio con cui ho avuto la possibilità di confrontarmi, senza sentirmi mai in difetto o sbagliata e grazie alle quali ho vissuto le giornate sapendo di poter sempre contare su qualcuno.
Io penso che un’esperienza così meriti di essere vissuta sulla propria pelle, perché mi sono resa conto che è davvero impossibile da raccontare. I ragazzi e le persone con cui abbiamo avuto a che fare durante le nostre giornate di volontariato sono stati in grado di tirare fuori una parte di me che non conoscevo, sono partita senza nessuna aspettativa su me stessa, con poca esperienza alle spalle ma un’immensa voglia di imparare, e così è stato. Il loro desiderio di condividere e di amare mi ha riempito il cuore, e forse per questo penso che, più che aver dato, in questi meravigliosi giorni ho ricevuto, ho imparato a guardare oltre qualsiasi differenza, a superare le mie paure (messe a dura prova qualche volta…), a condividere, a mettere in gioco me stessa al 100%.
Ho conosciuto la potenza di uno sguardo o di un abbraccio, di quanto basti davvero poco per sorridere e divertirsi insieme. È incredibile quanto, ogni singolo bambino e ogni singolo ragazzo che ho conosciuto, nella sua innocenza, sia stato in grado di lasciarmi un segno indelebile e scrivo queste parole col sorriso, le lacrime agli occhi e la voglia di prenotare un volo per Fes il prima possibile per poter tornare da loro.
Questa esperienza è stata per me anche un grande stimolo a nutrire e alimentare quella parte di me che vuole ancora dare tanto agli altri, e sarei pronta a ripartire domani per un nuovo viaggio di volontariato, e se anche un solo briciolo dei sorrisi che ho ricevuto sono stata in grado di regalarli a Meknes, io non posso che esserne immensamente grata. Shukran Meknes.
Gloria Redaelli, volontaria