Ci scrive Virginia dallo Zambia - più precisamente da "Pamodzi Ndi Ana", dove quest'anno OVCI ha raccolto l'invito ad inviare un gruppo di volontari per un'esperienza breve. La proposta del Volontariato breve estivo, infatti, che OVCI lancia dal 1997, ha avuto negli scorsi anni un violento STOP dovuto all'emergenza sanitaria da Covid-19. Quest'anno i ragazzi sono finalmente potuti partire: il primo gruppo per il Brasile e il secondo per lo Zambia, dove si trova tuttora. La meta Ecuador infatti è ancora inaccessibile per esperienze di questo tipo. Per fortuna Simonetta ed Enrico, grandi amici di OVCI, ci sono venuti incontro con la loro ospitalità e i volontari sono quindi finalmente riusciti a coronare il sogno di partire!
Intensità.
Il mio viaggio per arrivare qui a Chipata è iniziato circa 15 giorni fa, e dal primo momento che ho messo piede in questo continente, già nell’aeroporto di Addis Abeba, c’è una parola che mi porto dentro: INTENSA.
L’Africa la vedo e la vivo cosí: questo aggettivo mi rincorre in quasi tutte le azioni e nei gesti quotidiani che vedo, nei profumi e negli odori che avvolgono l’aria, negli sguardi di chi incontri per strada, persino nella terra rossa che vola ovunque ed altrettanto intensamente si fissa ovunque senza nessuna intenzione di andarsene da lì.
Un’ altra cosa che mi sento addosso e che sono sicura non andrà via così facilmente sono le vite e le storie che finora si sono intrecciate alla mia. Come quella dellla “AMBUJA” (nonna nella lingua locale) che ho conosciuto uno dei primi giorni a Pamodzi. Suo nipote Godfrey, di 19 anni, ha una Paralisi Cerebrale molto grave ed è lei ad occuparsi di tutti i bisogni del ragazzo.
Per arrivare al centro avevano viaggiato un giorno intero pur di non perdere l’occasione di incontrare la logopedista: mi ha subito colpito la tenacia e la forza del fare un viaggio così impegnativo.
Ho anche fatto una foto a questa donna così forte, così fiera con i lineamenti segnati da una vita scomoda che sicuramente l'ha messa alla prova.
Nel giocare, osservare e nel comunicare con loro mentre aspettavano di poter effettuare la visita logopedica mi sono accorta che Godfrey interagiva spesso con un'altra ragazzina, sempre seduta accanto a lui.
Mi guardavo intorno e non vedevo però nessuna figura di riferimento per lei; niente mamma, niente papà e niente nonni, allora ho provato a chiedere alla AMBUJA se lei la conoscesse. Mi ha raccontato che dove vivono lei e Godfrey i bambini “come lui” sono 3, e che la ragazzina la conoscono bene, era lì con il suo papà, che però al momento era in centro città per poter sbrigare un affare.
Mentre la ascoltavo parlare, non potevo fare a meno di ricordare le parole di Simonetta: ci raccontava che spesso i bimbi con disabilità qui sono troppo onerosi per i genitori, infatti, loro hanno altri figli a cui pensare e spesso si risposano formando nuovi nuclei famigliari. Ed è qui che intervengono le nonne e se ne fanno carico, proprio come in questo caso.
Il papà di Mary invece è vedovo e ha 4 figlie: vivendo nello stesso villaggio ed avendo entrambi necessità di sostegno, non c’è stato bisogno di pensarci molto, tra lui e la nonna è nata una collaborazione reciproca di aiuto.
Mi fermo e rifletto: “In Europa sarebbe stato così semplice creare la stessa cosa?” La risposta che mi salta in mente è molto semplice, lineare e diretta: “NO”.
Lo Zambia da questo punto di vista mi ha davvero cambiato la prospettiva: vivendo in un mondo che ti spinge spesso a cercare di concentrarti esclusivamente sul tuo percorso, diventando sempre più individualisti ed indipendenti, mettendoti in testa che non puoi fare affidamento su nessuno e che in fondo non ti serve nessun altro, qui ho trovato persone che vivono in una realtà fatta di relazioni sociali forti, di condivisione e di apertura verso l’altro in cui la filosofia di base è "dove non arrivi tu da solo, io ti vengo incontro".
Non voglio certo dire che ciò che ho potuto vivere in queste settimane sia stato tutto solo facile e meraviglioso, anzi…
In testa ho altre due parole che mi aiutano a descrivere questa esperienza: “contraddizione” e “scomoda”.
Da quando sono qui ho notato che sono nella Terra delle contraddizioni: nello stesso luogo coesistono due realtà diverse e fortemente contrastanti, quasi opposte. I safari meravigliosi che mi hanno permesso di conoscere e vedere degli animali affascinanti e addirittura di sfiorare un elefante mentre stavo a bordo piscina, ma anche la commozione di fronte ad una classe di bambini di terza elementare in cui di fronte alla domanda della maestra “Volete chiedere qualcosa ai visitatori?” si è smossa una timida mano che quasi con vergogna e timore risponde “Potreste portarci qualche libro di matematica in più?”.
E poi la scomodità, che diciamolo qui è ovunque e di cui noi abbiamo avuto qualche piccolissimo assaggio, nel percorrere un’infinità di strade dissestate per poter trovare i bambini nei diversi villaggi per i follow-up (non per tutti è possibile infatti raggiungere in autonomia il centro), nel saltare il pranzo perché ormai siamo arrivati in quel villaggio e ci sono altri bambini che hanno bisogno e tanto altro da fare, nel non rischiare di danneggiare il pullmino e quindi proseguire a piedi portandoci dietro una ruota in mano perché magari può servire, non si sa mai... La scomodità nel dormire tutti vicini per usare un materasso in meno, del condividere l’ultimo sorso di acqua o l’ultimo cracker.
Una scomodità che, paragonata a quella che qui le persone affrontano ogni giorno, non è nulla, è un’inezia, che quasi fa sorridere, ma allo stesso tempo ti mette di fronte a tutte le certezze che hai e dai per scontate.
Lo stesso assistere a determinate scene non è stato per nulla comodo, non è stato sempre semplice dal punto di vista emotivo. I bimbi qui ottengono gratuitamente le sedie a rotelle, che sono un enorme traguardo per la qualità di vita sia del bambino che della sua famiglia. Mi capita però di affrontare questo percorso dopo essere da poco rientrata da un’esperienza lavorativa in Germania in cui mi sono occupata anche della modifica e adattamento delle carrozzine, quindi notare le differenze per me è stato naturale quanto immediato, con il seguire di rabbia e tristezze date dalla consapevolezza che con il solo nascere in parti diverse del mondo le cure e le attenzioni che questi bambini hanno sono totalmente impari.
E da quando sono arrivata non faccio che pensare sempre “Ma io cosa posso fare qui?”
Senza la pretesa di cambiare il sistema, perché ammettiamolo: chi siamo noi per farlo?!
Ma camminando al fianco, costruendo insieme “PANGONO- PANGONO” (lentamente) mattone dopo mattone su quello che c’è qui... Come posso essere utile entrando in punta di piedi e rispetto senza creare troppo scompiglio in una cultura così diversa dalla mia?
Se in un primo momento ti viene da dire che tu non possa fare nulla o quasi, conoscendo e seguendo l’esempio di Simonetta ed Enrico che agiscono in questo senso, forse si ritrova la speranza.
Come nella storia di Gift.
A questo bellissimo bimbo con Paralisi Cerebrale era stata data una sedia a rotelle lo scorso anno, dicendo che per lui il cammino sarebbe stata una tappa difficile da raggiungere, probabilmente nemmeno possibile .
Lui è venuto ad effettuare la visita logopedica nel centro di Pamodzi due settimane fa e mentre noi lo intrattenevamo con attività ludiche, abbiamo notato dai suoi movimenti come potesse avere delle buone carte in regola per raggiungere in futuro la tappa del cammino.
Confrontandoci con i Fisioterapisti del luogo abbiamo proposto la questione all'ente.
Una settimana dopo Gift torna a casa con la sua prima statica, degli appuntamenti di fisioterapia statale due volte la settimana e la visita nutrizionistica.
Senza quello sguardo in più, quel ragionamento in più, quel tempo in più, magari Gift avrebbe dovuto aspettare più a lungo per accedere a queste possibilità.
Quindi anche se ci sentiamo impotenti, anche se ci sembra di non poter fare molto o che quel gesto non serva a nulla, perché le cose stanno così e non possiamo cambiarle, che quella parola è inutile dirla perché non verrà ascoltata, ogni contributo pensato e consapevole è importante.
Per fare un intero deserto di granelli ne servono tanti ed ognuno di loro è importante tanto quanto gli altri.
Virginia