"Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Da’ a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Cio’ che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito avrete?" (Vangelo di Luca)

Vedersi bianco in un mondo “nero”, essere discriminato per i tuoi capelli quando vai semplicemente a tagliarteli, pagare di più perché sei bianco: sono quelle situazioni che ti portano a riflettere e a pensare. Le prime parole che mi son venute in mente riguardano proprio Gesù Cristo e questo stralcio del Vangelo di Luca sopracitato.

"Cawaja" sarebbe il soprannome associato dal popolo sud-sudanese ai bianchi. Significa "portatore di dolore" e riferito ad un fisioterapista diventa un paradosso alquanto importante!

IMG 20220408 WA0053Così il colore della pelle diventa un fattore discriminatorio anche nel mondo della riabilitazione. Sentirsi tutti gli occhi puntati addosso quando sei l’unico bianco ad entrare in un reparto ospedaliero, sentirsi il “diverso” quando sei abituato a vedere nell’altro la diversità, ti pone in una condizione di riflessione profonda sul modo di relazionarsi dei popoli con gli stranieri e al loro interno.  Siamo tutti divisi in tribù (qui ce ne sono 64!) Anche in italia? Magari chiamate diversamente. Parliamo lingue diverse in regioni diverse, tra città e tra paesini vicini. Siamo uniti da una lingua comune che si chiama italiano da noi e arabo o inglese in Sud Sudan. Facciamo la lotta tra noi e il nostro vicino, tra noi e chiunque possa, anche solo col pensiero, toccare i nostri interessi sia sociali e soprattutto economici. E noi, sia Italiani che Europei e Occidentali, ci permettiamo di definirci una società evoluta se la compariamo con quella africana? Personalmente, ho la netta sensazione che tutto il mondo è Paese!

Un giorno andai a tagliarmi i capelli accompagnato da una locale che pensava di potermi aiutare. Entrammo nella bottega e appena il parrucchiere mi vide (era già stato informato che servisse un taglio di capelli ad un bianco e lui aveva accettato), iniziò ad inventarsi scuse del tipo: ”Sono stanco, sono molto occupato” pur di non fare il suo lavoro… Chiamò una sua collaboratrice che mi guardò e si rifiutò allo stesso modo. Andai via ovviamente risentito! Chi mi accompagnò mi chiese scusa e iniziò a cercare un altro parrucchiere. Le dissi di non preoccuparsi cercando di capire i motivi di questa forma di razzismo.

Episodi del genere se ne vedono purtroppo tanti in Italia e dovremmo essere una civiltà evoluta? Perché avere timore dell’altro? Essere discriminato in un Paese come quello Sud sudanese sembrerebbe ridicolo… Mi son chiesto di nuovo perché? Perché vige ancora un risentimento verso il bianco? Perché noi bianchi ci sentiamo minacciati dai neri? La risposta è una: abbiamo paura del diverso e la nostra risposta ancestrale è quella di allontanarci dalla fonte di dolore il prima possibile o di allontanarla dai nostri cari.IMG 20220407 WA0014

Cosa ci può salvare? L’educazione sin da bambini. Non dire al bambino “bianco” arriva l’uomo nero o dire al bambino nero arriva il cawaja e ti picchia… Bisogna andare oltre, avanti, volgere lo sguardo verso il presente. Il presente si chiama oggi, non ieri! Il passato non può cambiare e può solo aiutarci a migliorare!

Il presente è cultura, inclusione, condivisione libera senza schemi o risentimenti, saper porgere l’altra guancia al momento giusto, è saper riconoscere il diverso, saper rispettare il diverso, amare il diverso… Questo è l'insegnamento di alcuni pazienti qui… Quando loro ti dicono: ”Grazie Cawaja per quello che fai”, allora il termine Cawaja non è più discriminatorio, ma un semplice modo di definire una persona con un altro colore diverso dal loro.

Rispetto è una parola chiave, non solo per se stessi ma anche verso gli altri. Educazione al senso sociale è l’altra: entrambe sono perfette per le serrature di queste speciali porte: quelle aprono ad un mondo più colorato, di Pace e di Vita comune!

Gianfranco Caputi, fisioterapista a Juba 

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