Dopo l’avvio del mio anno di Servizio Civile ne sono successe di cose.
Sono stato inizialmente selezionato per il Sudan, il mio paese di preferenza, proprio nel progetto che avrei voluto fare. Il mio piano si stava lentamente realizzando, tra pratiche per il visto terminate, date dei voli scelti, formazioni specifiche terminate e già qualche compito assegnato da fare a distanza. Mi sentivo già lì.
Poi però, improvvisamente come una pioggia estiva, la situazione cambia. Diversi paesi vengono bloccati, i volontari non vengono fatti partire tra cui io e la mia collega Sara per il Sudan e Chiara e Clelia per la Cina. Insomma, veniamo “rimandati a settembre” per valutare le condizioni di sicurezza.
Certo, lo sconforto iniziale non è stato facile da gestire. L’entusiasmo svanito in poco tempo, i dubbi sui mesi successivi tornati rapidamente, lo stress di non partire più riappare prepotentemente e per alcuni di noi per la seconda volta di fila, essendo stati già bloccati l’anno scorso.
“Cosa succederà adesso? Ma quando ci aggiorneranno? Significa che non partiremo neanche quest’anno?”. Le chat di gruppo erano infiammate in quei giorni, ma per fortuna abbiamo sempre trovato supporto tra di noi.
In fondo, nulla è cambiato. Frontiere aperte, ma nessun permesso di partire per i Paesi in lista rossa.
Ottemperando alle direttive del Dipartimento, ci vengono proposte delle alternative. Relativamente al Sudan, ci viene proposto un ricollocamento di paese, facendo una transizione da un paese all’altro. La mia collega verrà spostata in Ecuador, io in un’altra sede dello stesso progetto per cui ero stato selezionato, ma in Marocco.
Non sapevo cosa aspettarmi da tutto questo. Non conoscevo il Paese, le azioni, quasi nulla. Era una scelta da ponderare bene, ma alla fine ho deciso di accettare.
L’alternativa era quella di cercare un secondo progetto a cui essere assegnato, cambiando l’associazione di appartenenza, il progetto, il contesto, la tematica di fondo del progetto. Insomma, avrei dovuto ricominciare da capo.
Sono passati un paio di giorni dal momento in cui mi è stata fatta la proposta, sarebbe troppo difficile dover ricominciare a cercare ancora un progetto, sperare di essere ri-collocato, iniziare di nuovo da zero.
Comunicando la mia decisione alla nostra responsabile, pensavo “Ma il Marocco non è il Kenya, il Sudan, la Mauritania o uno dei paesi in cui mi interesserebbe vivere la mia esperienza di servizio civile!”.
Ricordando la formazione fatta qualche giorno prima, ricordo del principio di fare esattamente quello che è l’essenza del Servizio Civile Universale all’estero: uscire leggermente dalla propria zona di comfort per sviluppare qualcosa di utile, non di certo lasciarsi prendere dai dubbi e dalle incertezze.
Inizia quindi il mio SCU in Marocco.
Arrivando nel paese mi sentivo un po’ spaesato, ma non come ci si aspetterebbe. Non era quello per cui mi ero preparato, non vedevo il Sudan che avevo già visitato e studiato.
Tutto sommato, oggi sono contento della mia scelta.
L’ambiente nuovo mi ha portato ad espandere le mie conoscenze, scoprendo un paese nuovo, con tutta una serie di sfide e situazioni per cui non ero perfettamente preparato. Ma questo non è di certo un male, tutt’altro: soppesando le competenze sviluppate qui, posso confidentemente dire che a fine anno avrò sicuramente uno sviluppo maggiore in questo progetto su molti aspetti, dalle lingue alle tematiche, dalla conoscenza di una nuova cultura alla capacità di mettersi in gioco in un contesto nuovo.
Alfonso Salerno – Casco Bianco con OVCI in Marocco